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Agitata qua e là, l'alte correntiDel gran fiotto rapìvanla. A quel modo
Che sovra un campo l'Aquilón d'Autunno
Sparpaglia un fascio d'intrecciate spine,
Trabàlzanla qua e là sul mare i vènti; 410
Or Noto contro a Bòrea la sospinge,
Che ben lungi l'avventa; Èuro or la cedeA Zèffiro, che fier l'urta e l'incalza.
e 333 Vide l'eroe diserto Ino Cadmèa,
Dal candido talon, che tra i mortali 415
Modulanti la voce un dì nomosseLeucotòe ed or nel pelago si gode
Divini onori. Di pietà il cor toccaPel combattuto eroe da immensi affanni,
Qual mergo a volo si lanciò dall'onde, 420
Sulla cimba si assise e sì gli disse:
e 339 "Lasso! perché di tanta e così atroceIra teco si accese Enosigèo,
Tal che di questi mali ora ti opprime?
Pur non ti perderà, comecché il brami. 425
Questo fa' dunque, ché di senno uscitoGià non mi sembri; svèstiti de' panni,
Dà de' vènti in balìa l'infranto legno,
D'ambe man nuota e cerca il tuo ritornoNe' Feacesi liti, ove il rifugio 430
Ti consente il destino. Or te', d'intornoQuesto velo immortal t'avvolgi al petto,
Né tema di periglio abbi o di morte.
Tocca dalle tue man la piaggia appena,
Dislégalo e volgendo addietro il vólto, 435
Lungi dal continente in mar lo gitta."
e 351 Tacque, ed il vel gli diè, nel mare ondosoQual mergo si tuffò; corse una bruna
Onda e la bella Diva ricoverse.
Stette in forse l'eroe; nel tollerante 440
Alto suo cor proruppe indi gemendo:
e 356 "Ahi! lasso! forse alcun degl'immortaliNovo inganno mi trama, or che m'ingiunge
Tôrmi di questo legno. Intera fede
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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