Dargli or non vo', ché i' veggio in lontananza 445
La terra ove promesso èmmi lo scampo.
A questo che il miglior partito estimo,
Mi appiglierò: sin che tra lor congiunteResteranno le travi, io qui rimango,
Tutti affanni patendo; e quando i flutti 450
Spezzato lo mi avran, porrommi a nuoto;
Né mi occorre alla mente altro consiglio."
e 365 Questo nell'agitata alma ei volgendo,
Nettuno sollevò tumida un'ondaGrave, orribile, enorme e la sospinse. 455
Qual da turbo investito si disperdeDi qua di là, d'aride paglie un mucchio,
Tal tutte andâr le tavole disperse.
Sovra d'un trave lànciasi l'eroe;
Svèstesi i panni che gli diè Calipso 460
E di corsiere in guisa, oltre il sospinge.
Sotteso al petto il vel, le braccia aperse,
A capo chin precipitò nell'ondeE di forza nuotò. Nettuno il vide
E crollando la testa, in suo cor disse: 465
e 377 "Erra così nel mar, molti or sostieniAspri tormenti, sin che a gente arrivi
A Giove cara, ma, né là, mi penso,
Allegro andrai del tuo fallir." Ciò detto,
Sferzò i corsier dall'ondeggiante chioma. 470
E difilato ecco perviene ad Èga,
Dove l'inclita sua reggia si estolle.
e 382 Pàllade intanto, dell'Egìoco figliaAltro in cura prendea; ripresse il soffio
De' vènti, gli acquetò, sopilli tutti; 475
Ma il rapido incitò Bòrea ed i grossiFlutti n'infranse, finché il divo Ulisse
Appo i Feaci, naviganti illustri,
Morte schivata e le rie Parche, arrivi.
e 388 Quivi due dì, quivi due notti errava 480
Trabalzato su enormi onde; ed il coreAd ora ad or gli presagìa la morte.
Ma come l'alba dall'aurate chiome
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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