Sopportarlo da forte. Or che alla nostraTerra e città se' giunto, né di vesti
Difetto patirai, né d'altra aìta,
Cui dessi a forestier, che accorse a noiDi remota contrada. A Te la via 270
Additerò della città ed il nomeDe' popoli dirò. Tengono questa
Città i Feaci ed il paese: io nacquiDal magnanimo Alcìnoo a cui la somma
Del poter e' commisero e la forza." 275
? 198 Disse; e all'ancelle dal bel crin rivolta:
Fermatevi - indicea -. Perché alla vistaDel forestier fuggite? Oh! 'l vi credete
Nemico? Né tra vivi è, né fia maiUom, che alla terra de' Feaci giunto, 280
Osi guerra portar, perocché a noiDismisurato amor portano i Numi.
In disparte abitiam nel mar ondoso,
Ultimi, né con noi nullo s'immischia.
Quest'infelice che gran tempo errante 285
Sui flutti, infin qua giunse, or da noi vuòlsiSoccorrere. Gli estrani ed i mendichi
Ci vengono da Giove; esiguo donoTorna a lor caro. Or via, di cibo, ancelle,
L'ospite sovvenite e di bevande, 290
Ma pria d'un bagno accanto al fiume, u'l ventoContro gli opposti schermi impeto perde."
? 211 Detto, ristâr le ancelle e rincorârsiAlternamente. In parte al vento chiusa,
Condussero l'eroe, come prescrisse 295
L'alma figlia d'Alcìnoo; accanto a luiLe vesti collocâr: tunica e manto;
Rinchiusa indi gli diêro in vasel d'oroLiquida oliva e 'l confortâr, del fiume
Nelle pure a tuffarsi onde correnti. 300
? 218 "Deh! levàtevi quinci, o giovinette,
- Vòlto alle ancelle rispondea l'eroe -,
Finch'io stesso dagli omeri detergaLa salsa spuma ed ùngami d'essenze;
Ché d'oliva il licor sulla persona 305
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Feaci Alcìnoo Disse Feaci Numi Giove Alcìnoo
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