Dal medesmo splendore illuminato, 425
S'alza del caro genitore il trono,
In che siede e vivanda al par di un Dio.
Non arrestarti lì, ma le man tese,
Tocca i ginocchi della madre mia,
Acciò lieto tu veggia e prestamente 430
Splendere il dì che alla natìa contrada,
Per lontana che sia, rimeneratti.
Se propizia a' tuoi preghi ella s'inchina,
Porta di riveder viva speranzaGli amici e di redire al natìo loco, 435
Dove sorgono a Te gli aviti alberghi."
? 316 Tacque e toccò della lucente sferzaLe mule, che lasciâr subito a dietro
Le correnti del fiume; impetuoseSi lanciarono al corso e con l'alterno 440
Delle gambe agitar radean la terra.
Ma la donzella, perché a piè seguirlaCon Ulisse potèsserla le ancelle,
La briglia ed il flagel reggea con arte.
Corcàvasi già 'l Sol, quando fûr giunti 445
Al sacro di Minerva inclito bosco.
Ulisse ivi si assise; e incontinenteCosì alla figlia dell'Olìmpio orava:
? 324 "O prole invitta dell'Egìoco padre,
Òdimi! m'odi alfin ora, ché pieni 450
Non fésti i vóti miei, quando travoltoDalla tempesta m'affliggea Nettuno.
Dammi che miti accòlganmi i Feaci
E che sentan pietà di mie sventure!"
? 328 Sì disse orando e Pàllade l'udìa; 455
Ma non sostenne già stargli a rincontroVisibilmente, ché timor del grande
Zio paterno la prese, al cui corruccioTerribile fu segno il divo Ulisse,
Finché presse del piè le patrie sponde. 460
LIBRO SETTIMO
Arrivo d'Ulisse presso ad Alcìnoo
COSÌ nel bosco orava il pazienteDivo Ulisse; a città portava intanto
Delle mule il vigor l'alta donzella.
Alle paterne giunta inclite case,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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