De' Celesti 'l voler. Ma non t'increscaChe il cibo al mio languir porga conforto,
Ancorché il duol mi opprima. Ché non havviPungol più fier del ventre, stimolato
Dalla fame vorace: la ti stringe 295
A rammentar, a satisfar sue brame,
Benché viva angosciato e benché in luttoAbbi la sconsolata anima immersa.
Così me strugge rio dolor, ma quellaA mangiare ed a ber m'eccita sempre, 300
Non che a porre in obblìo quanto soffersi.
Deh! v'affrettate al comparir dell'albaRimandar me infelice al suol natìo,
Me, già da tanti afflitto aspri tormenti.
Oh! ch'io riveggia i miei paterni campi, 305
I servi miei, gli alti miei tetti e un trattoQuesta, ch'io spiro, aura vital si estingua."
? 226 Fremîr tutti assentendo e confortandoAlcìnoo a sovvenir di buona scorta
L'ospite saggio che sì ben ragiona. 310
Poiché libâro ed a sua voglia ognunoBevve, se n' gì a corcarsi al proprio albergo.
Restò solo nell'aula il divo Ulisse,
Ed Arète ed il Re sedéangli accanto;
Gli arnesi intanto del regal convito 315
Rimossero le ancelle. Arète bellaPrima tra loro a dir si féo, ché 'l manto
Riconobbe e la tunica, leggiadreVesti che con le fanti Ella già ordìo.
Volta all'Ìtaco Re, subito disse: 320
? 237 "Ospite, prima interrogarti or bramo;
Chi se' tu? Donde vieni? E questi panniChi li ti diè? Non dicestù, ch'errante
Pel mare, a' nostri lidi ti adducesti?"
? 240 E 'l divo Ulisse: "Non agevol fôra 325
Raccontarti, o Regina, a parte a parteI mali di che afflìssermi gli Eterni;
Pur, a ciò che m'interroghi, rispondo.
Surge nel mezzo al mar quinci remota
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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