Ché non havviDel pelago, cred'io, male più grave,
Né che più l'uom, benché robusto, franga."
? 140 "Ben detto - Eurìalo ripigliò -. Tu stessoOr va', l'assenna e 'l provoca al cimento." 185
? 143 Come ciò udì, del Re l'inclita proleTrasse nel mezzo ed: "Orsù, vien tu ancora,
Ottimo padre - dìssegli -, ne' giuochiA far prova di te, se alcun ti è conto;
E ben mi penso, che nessun tu ignori. 190
No, non fia ch'uom gloria maggiore acquisti,
Che del piè si addestrando e della mano.
Vien dunque e ti cimenta e l'atre cureCaccia in bando dal cor. Al tuo viaggio
Posto indugio fia breve, al mar la nave 195
Ti si varò, già i rèmigi son presti."
? 152 "Perché ingiùngermi ciò quasi a mio scherno,
Laodamante? - rispondéagli Ulisse -.
Affanni più che giochi, a me infeliceInvadono il pensier, ché tante doglie, 200
Tanti travagli sino ad or sostenni;
Or qui siedo tra voi, dal Re implorandoScorta e dal popol tutto, al mio ritorno."
? 158 Al cospetto di tutti, Eurìalo in questaCon tai detti l'assalse: "Oh! tu non sei 205
Sembiante ad uom ne' molti ludi esperto,
Vaghezza degli eroi; ma ben m'hai vistaDi tal che seggia d'un navil sui banchi,
Capo di ciurma al traffico rivolta;
Che segna in mente il carco e con il vitto 210
Le rapite sostanze in cura prende:
Non arieggi tu punto un atleta."
? 165 Lo guatò bieco Ulisse e gli rispose:
Non parli onesto; ad uom protervo assembri.
Così va: il Cielo non comparte a tutti 215
Gli amabili suoi doni: né beltade,
Né ingegno, né facondia. Uno altrui cedeIn venustà, ma con parole ornate
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Ulisse Eurìalo Ulisse Cielo
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