L'abbella un Dio; gode ciascun che il mira,
Securo in sé favella e ne' consessi, 220
Con modestia soave ognor trionfa;
Quando per la città vàssene, tuttiL'affisan come un Dio; l'altro in beltade
Con gli Eterni gareggia, nondimenoGrazia nel dir non gli si sparge intorno. 225
Così tu se': beltà perfetta e tale,
Che miglior non potrìa formarti un Nume.
Ma della mente se' avventato. L'almaMi conturbasti fieramente in petto
Col tuo dir che trapassa ogni confine. 230
Non son de' giochi, qual tu cianci, ignaro;
Anzi mi penso che tra i primi atletiNoverato già fui, quando fidanza
Nell'età verde e in queste man ponea.
Me gli affanni or opprimono e le doglie; 235
Ché durate ho fatiche aspre e travagli,
Or co' nemici combattendo ed oraI perigliosi flutti trascorrendo.
Pur mi cimenterò, ché il tuo mordaceSermon a tal risposta mi sospinse." 240
? 186 Detto, co' panni che vestìa irrompendo,
Diede l'eroe di piglio a un disco grandeE più massiccio, e più d'assai pesante
Di quel di che si valsero tra loro;
E 'l rotò, l'avventò con la man forte. 245
Diè fier sònito il sasso; ed i Feaci
Rèmigi esperti, naviganti illustriChinârsi a terra al transito del sasso
Che tutti i segni sorvolò, fuggendoVelocemente dalla man gagliarda. 250
Palla il segno piantò, com'ebbe assuntaD'un mortale la forma ed: "Anche un cieco
Potrìa - gridò - distinguere palpandoIl tuo segno, o stranier, che non commisto
Con gli altri sta, ma sì di tutti è 'l primo. 255
Fa' cor, ché in questa prova alcun Feace
Né vincer né raggiungerti potrìa."
? 199 L'Ìtaco Re gioì, ché a sé benigno
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Dio Dio Eterni Nume Feaci Feace
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