Spianar e' 'l circo e ne allargâro il giro.
Tornò l'araldo, si accostò e la liraA Demòdoco porse, che nel mezzo 340
Del circo si adagiò. Stàvangli attorno,
Sul fior degli anni danzatori egregi,
Che percotean del piede agile il circo.
Gli sfolgorii de' piè tacito ammira,
Oppresso di stupor, d'Ìtaca il rege. 345
? 266 Tocca dal vate la sonora cetra,
Dolce cantò di Marte e di Ciprigna,
Adorna 'l crin di serto aureo, gli amori;
Ed il primo gioir loro, nell'altaDel Re Vulcano splendida magione 350
Celatamente. Molti doni offerseMarte, con che disonestò del nume
Ignipotente il letto. A farlo accortoL'etereo Sol ratto venìa, che in grembo
Uno dell'altro vìdeli commisti. 355
L'annunzio udito doloroso, corseVulcano alla fucina e in questo mezzo,
Nel profondo del cor cercò un consiglio,
Per trar da que' nocenti aspra vendetta.
Piantò sul ceppo enorme incude e diessi 360
Ad ordire lacciuoi che né spezzarsiNé sciôr mai si potessero, ma sempre
Quivi stesser immoti. Ordite ch'ebbeLe insidie, irato a Marte, ir si affrettava
Alla stanza superna, dove molli 365
Giacean le piume del già caro letto.
Della lettiera a' piè, sparse per tuttoA cerchio i lacci e giù da' travi ancora
Parecchi ne mandò, tenui del pariChe le fila d'aragna, ed eran posti 370
Con magistero tal, che niun, ned anchePotrìa l'occhio d'un nume affigurarli.
Come gli ebbe disposti al letto intorno,
D'ir in Lenno, città forte ed a luiDell'altre assai diletta più, s'infinse. 375
Né già con adombrati occhi esploravaMarte, che d'aureo fren regge i destrieri.
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Demòdoco Tocca Marte Ciprigna Re Vulcano Sol Marte Lenno
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