Come si dipartì l'inclito fabbro,
Alla costui magion corse veloce,
Pur di gioir di Vènere bramoso. 380
Ritornata pur dianzi era la Diva
Dal padre onnipossente, ed in sua stanzaIn disparte posava; éntravi Marte
E stréttala per man, nomolla e disse:
? 292 "Vien meco, o bella dea, su questo letto, 385
Vien del tuo dolce amplesso a consolarmi.
Vulcan si dipartì, vàssene a Lenno
Appo que' Sintii dal parlar selvaggio."
? 295 Detto, parve il giacer grato alla Diva.
Salser ambo le piume e si corcâro; 390
Ed ecco i lacci, di Vulcan fattura,
Spargersi ed allacciar ambo gli amanti,
Sì che mover né sciôr potean le membra.
Fécersi accorti al fin, che eran preciseTutte per essi del fuggir le vie. 395
Vulcano in questa apprèssasi, reversoPria d'ir in Lenno; ché dall'alto il Sole
Esplorator l'evento gli chiarìo.
Difilosse a' suoi tetti 'l doloroso;
Giunto alla soglia, s'arrestò; ed acceso 400
D'ira selvaggia 'l cor, a esaudirloTutti invocava dell'Olimpo i Numi.
? 306 "O Giove padre, o Sempiterni tutti,
Deh! venite a veder quest'opre turpi,
Intollerande. Me, dal piè distorto, 405
Svergogna ognor la figlia del Tonante,
Vènere, che d'amor tutta si struggeDel fiero Marte, come quei ch'è bello,
Rapido al corso ed io son tardo e fiacco.
Accagionar di ciò nullo pur vuòlsi, 410
Salvo i miei genitor. Deh! perché maiQueste spirar mi fêro aure vitali?
Vedete là come in amor congiuntiSalsero il letto mio? Tristezza e lutto
A sì fiero spettacolo m'opprime. 415
Certo, mi penso, di tal guisa avvintiStar non vorrìan ned anche un sol momento,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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