D'Alcìnoo illustre, così a me l'Olìmpio
Conceda il tetto avito e ch'io riveggia 615
Spuntare alfine il dì del mio ritorno,
Com'io sempre, anche là, qual Diva sempreT'onorerò, t'implorerò; ché questa
Aura ch'io spiro, o vergine, è tuo dono."
? 469 Detto, in bel seggio accanto al Re, si assise. 620
Già compartìansi le vivande e 'l dolceLicor mescéasi nelle coppe. In questa
L'araldo si accostò, per man guidandoL'onorato da tutti amabil vate;
L'adagiò in mezzo a' convitati, ov'alta 625
Colonna al tergo gli facea sostegno.
Dal dosso di un cinghial dispiccò Ulisse
Un brano intanto, d'adipe fasciatoE di cui parte anche restò; indi vòlto
All'araldo: "Te' - disse -, al vate il porta, 630
Perché ei si pasca, e ch'io li mando, aggiungi,
Benché dolente, i più cari saluti.
Degni di riverenza e di onor sonoPiù che tutti i mortali, i vati, a cui
Soavi melodie la Musa insegna 635
E nella schiera lor pone il suo amore."
Andò col don l'araldo, ed all'eroeDemòdoco il portò, che lieto il prese.
Steser in questa sull'apposte dapiLe mani i convitati e poiché d'esca 640
Ebbono e di licor la brama estinta,
Drizzò Ulisse al cantor cotesti accenti:
? 487 "Certo, nella divina arte de' carmi,
Te, fra i mortali tutti io tengo il primo,
Demòdoco; che Te una Musa, figlia 645
Di Giove, ammaestrava o Febo stesso;
Nobile vate! Oh! quanto il fato avversoDegli Argivi, e le imprese, ed i sofferti
Guerrieri affanni, e tutto ch'essi oprâroMirabilmente canti! Appunto come 650
Presente fossi o 'l ti dicesser elli!
Or via deh! segui e digredendo canta
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Alcìnoo Olìmpio Diva Ulisse Musa Ulisse Musa Giove Febo Argivi
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