Perocché niun mortal, codardo o prode,
Senza nome non v'ha, ma da' suoi cariParenti gli è nel dì natale imposto.
Dimmi la tua contrada e la tua gente 735
E la città, sì che colà dirittoTi porti il senno delle navi nostre.
Non di nocchier, non uopo hanno di temo,
Al par degli altri di Feacia i legni,
Ma sanno appien la mente ed il consiglio 740
De' mortali e conoscono di tuttiI pingui campi e le città; involuti
D'ombra e di nubi, varcano velociL'ondoso mar, né di patir dannaggio
Né tema di perir prèndeli mai. 745
Pur ecco ciò che raccontar dal padreNausìtoo intesi un dì; che irato a noi
Era Nettun, perché senza alcun rischioRiconduciamo alla natìa contrada
Ogni mortale; e soggiungea che un saldo 750
Legno de' nostri un dì fôra disfattoNel mare tenebroso al suo ritorno,
E che un'alta montagna ruinandoStruggerà la città. Così 'l buon veglio;
Ma sta del Dio in balìa porre ad effetto 755
Questi disegni o preterirli. Intanto,
Deh! mi rispondi e 'l vér nàrrami aperto:
Dove errando se' ito e quali terreVisitasti e quai popoli; e le ricche
Popolate città lor mi descrivi. 760
Dimmi se crudi fûr, selvaggi, ingiustiOd ospitali e cari a' Sempiterni.
Dimmi alfin, perché piangi e perché tantoSin dall'imo del cor gemi e sospiri,
Quando il fato infelice e le rie stragi 765
De' Dànai, degli Argivi e d'Ìlio ascolti?
Gli Eterni ordîrlo, e di cotanti Eroi
Fermâr le morti, perché fosser temaAlle future età d'utile canto.
O ti perì sotto le Ilìache mura 770
Genero egregio o suocero, congiuntiPiù cari al nostro cor, dopo coloro
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Feacia Nettun Dio Sempiterni Dànai Argivi Eterni Eroi Ilìache
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