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      Partiti, co' Lotòfagi affrontârsi,
      Né questi a' prodi miei tramâr la morte, 120
      Ma porser loro a savorare il loto.
      Chi tra loro gustò l'esca soave,
      Non le novelle riportar s'invoglia,
      Né redire vuol più, ma restar quiviCon quelle genti; e per gustare il loto, 125
      Ponevan la natìa terra in obblìo.
      Ma io per forza, comecché piangenti,
      Al navile li trassi e sotto i banchiDe' rèmigi gli avvinsi. Agli altri indissi
      Sui ratti legni rimontar, non forse, 130
      Gustato il loto da qualcun, gli uscisseDi mente il suol natìo. Quei salser tosto,
      Ed in lungo sui banchi ordine assisi,
      Battean co' remi il pelago spumante.
      ? 105 Di là mesti sarpammo ed alla terra 135
      Approdammo de' Cìclopi superbi,
      Non da leggi infrenati. Ogni fidanzaNegli Eterni riposta, ei di lor mano
      Ned arbor pongon mai, né frangon zolla.
      Inarata la terra e inseminata, 140
      Mercé di Giove, l'opportuna pioggiaTutto produce: orzo, frumento e viti,
      Carche di gran racemi, onde si spremeGeneroso licor. Presso costoro
      Né si consulta in pubblica adunanza, 145
      Né vi s'ordinan leggi. In cave grotteVivon, de' monti sull'eccelse cime;
      Ciascun regge i suoi figli e la sua donna;
      E farsi ligio altrui, nullo consente.
      ? 116 Della terra de' Cìclopi in cospetto 150
      Né vicina d'assai né lunge, sorgeUn'isoletta col selvoso dorso.
      Non poche schiere di silvestri caprePascono quivi; che travolte, in fuga
      Non van da umano piè, né v'imprim'orma 155
      Il cacciator che tante aspre faticheDura, le selve percorrendo e' gioghi.
      Né vi pasce il pastor greggia, né solcoL'aratore vi segna.


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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