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      Il collocò, l'altra metà per bevaDella cena il versò. Com'ebbe in fretta
      Fin posto a siffatt'opre, il foco accese:
      Destàtasi la fiamma, una gran luce 325
      Balenò nel capace antro e ci scorse.
      Quindi gridava: "O forestier, chi siete?
      Donde veniste per l'equoree strade?
      Trafficando tentate avvantaggiarvi,
      Od ite a caso per lo mar raminghi, 330
      Come pirati che la vita a rischioPongon per depredar l'estranie genti?"
      ? 256 Detto, il cor ne s'infranse, al reboatoDell'orribile voce ed all'immane
      Statura di quel mostro impauriti; 335
      Ma ripressi tal senso e gli risposi:
      ? 259 "Achivi siam che d'Ìlio dipartiti,
      Da tutti i vènti combattuti, errammoSul vasto mar, e benché cerca sempre
      La contrada natìa, qua disviati, 340
      Come l'Olìmpio decretò, giugnemmo.
      Fummo (alteri n'andiam) commilitoniDel grande Atride Agamennón, di cui
      Massima sotto 'l Ciel vola or la gloria.
      Ei che sì gran città distrusse e tanti 345
      Popoli sconfiggea. Volonterosi,
      Vegniamo ad abbracciar le tue ginocchia,
      Acciò un don ospitale od un ristoroConcederne, com'è giusto, ti piaccia.
      Rispetta i Numi, ottimo Sir, deh! pensa 350
      Che tuoi supplici siam. Vindice è Giove
      Degli estrani e degli ospiti; ed al fiancoDe' venerandi pellegrin si pone."
      ? 272 Tacqui e 'l crudele soggiugnea: "Straniere,
      Stolto se'? o vieni di lontan paese, 355
      Che vuoi ch'io tema e riverisca i Numi?
      A' Ciclopi non cal né dell'Olìmpio,
      Né di tutti gli Eterni; assai più fortiDi lor siam noi, né per sfuggire all'ira
      Di Giove, fia ch'io Te od i tuoi risparmi, 360
      Ove talento del contrario m'abbia.


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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