Sempre quindi stimai, ch'uom bello e grande,
D'immensa invitta forza rivestito,
Appo me si addurrebbe e l'aspettava.
Or me dell'occhio vedovò scars'uomo, 680
Debil, pusillo poiché 'l senno ei m'ebbeNel vin sommerso. Orsù, ritorna Ulisse,
Ti porgerò l'ospital dono e lietoT'implorerò da Enosigèo 'l ritorno;
Padre èmmi e tiènlo a vanto; ove gli piaccia, 685
Solo mi sanerà, né mi fia d'uopoO de' numi l'aìta, o de' mortali."
? 522 "Oh! potessi io così - ratto soggiunsi -,
Spogliar Te della vita e nei funestiTravolgerti laggiù regni di Pluto, 690
Come dell'accecato occhio ned ancheRisanar ti potrà Nettuno istesso."
? 526 Tacqui ed al Re Nettun così egli orava,
Tese le palme alla stellata volta:
? 528 "Re dalla bruna chioma, Enosigèo, 695
Se tuo figliuol son io veracemente,
Se tu d'èssermi padre altero vai,
Dammi che Ulisse, di città eversore,
D'Ìtaca abitator, figlio a Laerte,
A' suoi tetti redir non possa mai. 700
Ma se gli amici riveder, se al riccoOstel suo ritornare in fato ei s'ebbe,
Tardo e dolente arrivi, in nave altrui,
Perduti pria tutti i compagni, ed altroNon trovi in sua magion che affanni e pianto." 705
? 536 Nettun l'esaudìa. Di maggior moleUn'altra sollevò roccia il gigante,
La contorse nell'aria e di gran forzaLa fulminò. Piombò il catollo addietro
L'azzurra poppa e del timon la punta 710
Rasentò. Sbalzò 'l mar turbato in susoAl rovinar del masso, e la grossa onda
Spinse la nave e l'accostò alla riva.
Ma come alfin sorgemmo all'isoletta,
Dove l'altre mie navi erano a proda, 715
| |
Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
|
|
Ulisse Enosigèo Pluto Nettuno Tacqui Re Nettun Enosigèo Ulisse Laerte Nettun
|