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      Tosto fermai mandare i miei compagniA investigar, qual era ivi la gente
      Che dei doni di Cèrere si pasce. 135
      Scelti due prodi, aggiùnsivi per terzoUn araldo con cui si accompagnâro.
      Movean per piana via, servando il solcoDe' carri che a città dagli ardui monti
      Devolvono la selva. A lor occorse 140
      Non lontano di là, l'inclita figliaDel Lestrìgone Antìfate, che al fonte
      D'Artàcia, a tutti i cittadini schiuso,
      Ad attigner le chiare onde scendea.
      Drizzati a lei, l'interrogâr, chi fosse 145
      Il Re della contrada, e quai le gentiA cui imperava. Ed ella incontinente
      Il paterno additò tetto superbo.
      Póstovi 'l piè, trovâr del Re la donnaQual vertice montano e inorridîro. 150
      Vèr la piazza si volse ella, e d'un gridoAntìfate chiamava, il formidato
      Marito suo, che a' miei disegnò tostoMorte crudel. Sorgiunse, e un mio compagno
      Ghermito, il divorò; gli altri fuggîro 155
      Precipitosi vèr le navi. In questa,
      Tutta empiea la città di clamor altoIl Re; come l'udîr, di qua, di là,
      A mille a mille i Lestrìgoni accorseroNed uomini parean, no, ma giganti. 160
      Giù dalle rocce alpestri enormi sassiFulminarono; tosto un rumor fiero
      Dal navil si levò: de' moribondiGli ululi e lo stridor de' legni infranti;
      Gli infilzâro quai pesci e via portârli 165
      A fiero pasto. Mentre tal seguìaStrage nel giro del capace porto,
      Trassi il ferro dal fianco e del naviglioLa gomena recisi. A dar ne' remi,
      Subitamente, a' miei compagni ingiunsi, 170
      Per cessar sì gran rischio. ImpauritiAl fiero aspetto del mortal periglio,
      Tutti a gara arrancavano.


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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