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      Curvatosi, celò nel vasto senoLa donzella ed il nume che le sciolse
      La zona virginale, ed un soaveSonno le infuse. Poi che l'amorosa
      Opra Nettun fornì, per man la prese, 315
      Nomolla e sì le disse: "O donna mia,
      T'allegra del mio amor. Non il suo giroCompirà l'anno, che due figli egregi
      Partorirai: però che degli Eterni
      Infeconde non fûr le nozze mai. 320
      Presa cura di lor, Tu gli nutrisci,
      Gli educa e cresci. Or, a' tuoi tetti riedi,
      Contiènti e mai non mi nomar. Per tantoSappi, ch'io per te sono Enosigèo,
      Quassator della Terra", e sì dicendo, 325
      Nell'ondeggiante pelago si ascose.
      ? 254 Tiro al mondo già diè Pèlia e Nelèo,
      Amendue Re, ministri a Giove sommo.
      Ricco di greggi, nella vasta Iolco
      Stanza Pèlia fermò; nell'arenosa 330
      Pilo Nèleo stese lo scettro. Tiro,
      Delle donne reìna, a Cretèo diedeAltra prole: Feréte, Esón e 'l prode
      Domator di corsieri Amitaóne.
      ? 260 Dopo, Antìope vid'io, figlia d'Asòpo, 335
      Che dalle braccia dell'Olìmpio avvinta,
      Come vanto si diè menare i sonni.
      Due figli partorì, Zèto e Anfióne:
      Primi costor fondâro e d'alte torriCircuîr Tebe dalle sette porte, 340
      Perocché non potean la vasta Tebe
      Senza torri abitar, benché gagliardi.
      ? 266 D'Anfitrión la donna indi comparve,
      Alcmena, ch'ebbe dal celeste amplessoDel Sir de' tuoni l'animoso Alcide, 345
      Cor di Leon. Megàra èrale accanto,
      Prole del fier Creonte, e dell'invittoPer indomita forza, Èrcole, moglie.
      ? 271 Presentossi di Edipo anco la madre,
      Epicàsta gentil, colpa di stolta 350
      Mente in nefando error, misera!, cadde,


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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