Del mar i flutti e la vorace fiammaDelle tempeste via portano a un tempo
Delle navi le tavole e le salmeDe' naufraghi nocchier. Quell'Argo sola,
Cara a tutti gli Dèi, trapassò 'l varco, 85
Quando redìa da Colco; leve leveL'enormi rocce rasentò, ché Giuno
Cui stava a cor Giasóne, oltre la spinse.
µ 73 Havvi colà due scogli: un con l'acutaVetta il Ciel vasto aggiunge, ed il circonda 90
Nube caliginosa che di là
Non dileguasi mai, ned ivi maiO d'Estate o d'Autunno il Seren ride.
No, niun mortal foss'ei di vénti armatoBraccia e di vénti piè, potrìa lassuso 95
Né montar, né discendere, cotantoLiscia è la roccia ertissima. Nel mezzo
Àpresi dello scoglio atra cavernaAll'Occidente e all'Orco volta: drizza
Il naviglio colà, nobile Ulisse, 100
Né dalla nave sua giovin gagliardo,
Liberando dall'arco una saetta,
La grotta colpirà. Scilla ivi albergaGravemente ringhiando al par di stormo
Di cani giovinetti. Atroce mostro: 105
Niun di sua vista lieto andrìa, ned ancoAssaltata da un Dio. Dodici ha fiere
Branche e sei colli di lunghezza enorme,
E su ciascuno orribile una testaSorge, in che appar di fitti acuti denti 110
Triplice il giro, atro di morte albergo.
Dal mezzo in giù nell'antro immersa, sporgeFuor del terribil baratro le teste,
Qua, là bramosi intorno all'erta rupeGli sguardi volge e pesca e si divora 115
Delfini e lupi e le balene inghiotte,
Che nutre nel suo grembo a mille a milleLa gemente Anfitrite. Alcun nocchiere
Menar vanto non può, che Scilla illesoAbbia trascorso, poiché con ciascuna 120
Orrida testa dà di piglio a un uomo
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Argo Colco Giuno Giasóne Havvi Ciel Estate Autunno Seren Occidente Orco Ulisse Dio Anfitrite Scilla
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