Del fuggente naviglio e via se 'l porta.
µ 101 Dista di poco ed è più basso l'altroScoglio che saettar potresti, Ulisse.
Ampio-fronzuto, immenso ivi un selvaggio 125
Fico si spande, sotto cui la fieraCariddi l'onda tenebrosa inghiotte:
Tre volte la rigetta, e 'l dì tre volteCon terribile strepito l'assorbe;
Né mentre ingoia il mar, tu le ti appressa, 130
Ché tôrti al rischio fier nullo, ned ancheNettun stesso, potrìa. Dunque vicino
Attiènti a Scilla e via ratto trascorri;
Me' ti fia desiar sei de' compagni,
Che tutti quanti pèrdervi ad un tempo." 135
µ 111 "Orsù - risposi -, il vér mi svela o Dea:
Se m'è dato schivar la detestataCariddi, non degg'io combatter Scilla,
Quando a struggere i miei compagni irrompe?"
µ 115 "Ahi! misero! - sclamò ratto la Diva -, 140
Già di rischi, di pugne e di travagliAvido sempre, né agli Eterni stessi
Cedere vorrai tu? Non è alla morteScilla soggetta, ma immortal tremendo,
Fiero, selvaggio e inespugnabil mostro. 145
Schermo non v'ha: ti fia il fuggir salute.
Ma se t'indugi e contro a Scilla t'armi,
Temo che fuor lanciàtasi, pur'ancheTanti de' tuoi, quanti ne ha capi, inghiotta.
Ratto naviga quindi, ed alto invoca 150
Cratài la madre che tal peste al mondoPartoriva; costei sola può il mostro
Frenar, sì che non te prema ed incalzi.
µ 127 Alfin della Trinacria isola ai litiPerverrai, dove pascono del Sole 155
Sette torme di buoi, tante di greggiDai bei lucidi velli. Del par tutti
Constano i branchi di cinquanta teste,
Né figlian mai, né scémansi. A pastoriHanno due Dive dall'aurate chiome: 160
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Dista Ulisse Scilla Dea Scilla Diva Eterni Scilla Alfin Trinacria Sole Dive
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