Ed anco là stringetemi di funi.
Ove a sciôrmi vi prieghi o vi comandi,
Vie più tenaci mi doppiate i nodi."
µ 165 Mentre così gli assenno, ecco sospinta 205
Da un innocente venticel, la naveDelle Sirene ai liti sorge. Un tratto
Quetossi l'aura, per l'aere diffusaRise la calma e sopì l'onde un Dio.
Sorsero i miei compagni, ammainâro 210
Le vele, ripiegârle e dentro il cavoLegno le collocâro; indi seggendo
Con gli abetini remi ripercossi,
Biancheggiare fan l'onde. In questo mezzo,
Con l'affilato rame una gran palla 215
Sminuzzava di cera, la premeaCon le valide man, sì che repente
Si scaldò, si ammollì, ché i' vi metteaNon poca forza e d'alto saettava
Gli acuti rai d'Iperióne il figlio. 220
Io di tutti i compagni a mano a manoTurai le orecchie. All'alber della nave
Quei m'avvinser diritto; e mi legâroLe mani e' piedi e là di nuovi lacci
Pur mi gravâro, indi sui banchi assisi 225
Battean co' remi il pelago spumante.
Quando col ratto remigrar distammoQuanto aggiungere d'uom potrebbe un grido,
Non isfuggì delle Sirene al guardoLa nave che correa rasente al lito. 230
Questo quindi sciogliean canto soave:
µ 184 "Deh! vieni o gloria delle Dànae genti,
Inclito Ulisse, qua sofferma il corsoDella tua nave e n'odi. Alcun mortale
Di qua non passa mai, pria ch'egli ascolti 235
Del nostro labbro il dolcissimo canto,
Di che non pur si bea, ma vie più saggioRitorna al suol natìo. Tutto n'è chiaro,
Quanto patîr ne' vasti Ilìaci campi,
Per voler degli Dèi Tèucri ed Argivi. 240
Né quanto avvien sull'ampia Terra, altrice
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Sirene Dio Iperióne Sirene Dànae Ulisse Ilìaci Dèi Tèucri Argivi Terra
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