Là 've palpita e spira; in simil foggia,
Levati in suso i miei, vèr la cavernaPalpitavano. Quivi al varco primo,
Scilla li divorò. Nel crudel spasmo, 325
Mettean grida lugùbri, ed a me indarnoStendevano le braccia... Ahi! fiera vista!
Tal miserrimo caso infra i travagliChe ne' flutti sostenni, unqua non scersi.
µ 260 Scilla sfuggita e l'orrida Cariddi, 330
Ecco d'un nume l'isola beata,
Là 've belle pascean dall'ampia fronteGiovenche e molte consacrate agnelle
Al Sol che varca sfavillando il Cielo.
Solcava ancora il mar, che già i muggiti 335
Delle chiuse giovenche entro le stalleMisti al belato de' montoni udìa.
Càddemi allora nella mente il dettoDel cieco Teban vate e dell'Eèa
Circe, che innanzi a tutto mi assennâro: 340
L'Isola bella oltrepassar del Sole,
Che gli umani conforta e racconsola.
Però mesto diceva: "O miei diletti,
Che tanti già patiste affanni, udite!
Acciocché di Tirèsia e dell'Eèa 345
Circe l'arcano oracolo vi sveli:
Ch'io di gran cura quest'isola schiviDel Sol che gioia a tutto il mondo infonde.
Là ne è forza patir - dicea -, per certoGli infortuni più gravi. Or voi la nave 350
Da piaggie sì funeste oltra spingete."
µ 277 Dissi ed a tutti 'l cor s'infranse. AcerboEurìloco mi féa questa rampogna:
µ 279 "Ahi! fiero Ulisse, in Te dismisuratoVigore abbonda, non fatica mai 355
Le membra ti fiaccò; tutto sei ferro;
Perocché non consenti a' tuoi compagniRotti dal faticar, vinti dal sonno,
Di toccar terra e scendere sul lido,
Là 've grata imbandir potrìan la cena. 360
Tutto invan, già già errar tu ci comandi
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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