Tenace v'aderìa, finché gli avanziDel mio naviglio rigettasse il mostro.
Alfin s'adempie il desir mio. Nell'ora 565
Che il giudice dal foro si diparteEd a cenar s'avvia, poscia ch'egli ebbe
Molte contese di garzoni sciolte,
Riapparîr gli avanzi. IncontinentePiombai nel mar con grave tonfo accanto 570
Ai lunghi travi; e stesomi sovr'essi,
Fatto remeggio delle man, vogava.
Ma degli umani il padre e degli DèiDivietò a Scilla di adocchiarmi e quindi
Sfuggir a morte orribile m'avvenne. 575
Per nove interi dì le tumid'ondeMi trabalzar, ma la decima notte
Me guidâro alla Ogìgia isola i Numi,
Là 've Calipso dal bel crine alberga,
Che benigna m'accolse e di conforto 580
Fùmmi cortese. Perché ciò ti narro?
Ché tu non men che la tua casta donnaQui ier da me partitamente udiste?
Il già detto ridir noia mi fôra."
LIBRO TREDICESIMO
Dipartenza d'Ulisse dal paese de' Feaci e suo arrivo in Ìtaca
POSTO fine al suo dir, nell'aula ombrataStavan tutti in silenzio e sentìan dentro
Sonar nova dolcezza. Alfine il ruppeAlcìnoo: "Posciaché tu a' miei giungesti
Sul rame estrutti eccelsi tetti, Ulisse, 5
Non mi penso che nove traversìe,
Or che te n' riedi a' tuoi, ti agiteranno,
Comecché molte pria già tollerasti.
Volonteroso a voi tutti or mi volgo,
A voi che sempre convenite in questo 10
Palagio a ber dell'onoranza il vino,
Udendo il vate; già l'arca politaLe vesti chiude, l'oro effigiato,
Non che ogni don che all'ospite recâroQui de' Feaci i capi; or via, d'un grande 15
Tripode il presentiam, non che di un'urnaPer testa; congregati in adunanza,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Scilla Ogìgia Numi Calipso Ulisse Feaci Ulisse Feaci
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