Né tu mi t'appressar con mente avversa,
Queste dovizie sèrbami e me ancora 300
Benigno serba; che Te al par d'un numeImploro, ed alle tue care ginocchia
Vengo e le abbraccio supplice. Deh! dimmiQual terra, qual città, qual gente è questa?
Svélami nudo il vér: qui mi son io 305
In qualche fortunata Isola? O in spiaggiaDi fertil terra che dal mar si bagna?"
? 236 E l'alma Diva dallo sguardo azzurro:
Oh! se' tu stolto o di lontan paeseVenisti, o forestier, che d'esta terra 310
Interrogarmi t'avvisasti? CertoIgnobile non è, conta è alle genti
Che vèr l'Aurora e 'l Sol, che vèr l'oppostaNotte caliginosa hanno soggiorno,
Aspra di rocce, né a' corsier'amica, 315
Pure steril non è, benché non vasta.
Qui 'l gran e l'uva cresce in copia e sempreQui la pioggia e 'l vapor notturno cade
E la feconda. Qui di buoi, di capreRicchi paschi vi abbondano; le selve 320
Verdèggianvi alte, in che da vive fontiScorrono mormorando acque perenni.
Perciò anche a Troia che cotanto dista,
Siccome è grido, dall'Acaiche rive,
Risuona, o forestier, d'Ìtaca il nome." 325
? 250 L'inclito eroe gioì, godéagli l'almaContemplando il natìo loco, siccome
Dicéagli Palla, dell'Egìoco prole.
Ripigliò 'l primo detto, né gli calseManifestargli 'l vér, ché gli usitati 330
Artifizi nel cor sempre volgea:
? 256 "D'Ìtaca udìa pur là nell'ampia Creta
Che remota nel mar domina, e dondeQui con questa dovizia ora m'addussi.
Altrettanta lasciando a' figli miei, 335
Fuggìa di là, dopo che a morte misiIl diletto figliuol d'Idomenèo,
Orsìloco veloce, che ne' vasti
| |
Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
|
|
Isola Diva Aurora Sol Troia Acaiche Palla Egìoco Creta Idomenèo
|