Magion dato e podere ed una sposaAmbita, e tutto che signor benigno
A chi 'l servì con vivo zelo imparte,
E 'l cui travaglio prosperar fe' un Nume, 85
Come prospera il mio. Certo d'assaiGiovato avrìami il Re, se tra i suoi cari
Incanutìa, ma e' già perì. Deh! tutta,
Perché d'Elèna non perì la stirpeChe a' guerrier tanti le ginocchia sciolse? 90
Colà di Troia equestre ito è ne' campi,
A' romper guerra a' Tèucri anco il Re mio,
Vindice dell'onor d'Agamennóne."
? 73 Ciò detto, alzò la tunica e la strinseCol cinto e corse là 've molti branchi 95
Rinchiusi eran de' verri; a due di piglioDiede e sgozzolli, sulle fiamme ardenti
Gl'impose e fatti a pezzi, li confisseNegli schidoni. Poi che fûr le carni
Arrostite, le pose innanzi a Ulisse, 100
Calde e fumanti negli spiedi; posciaDi bianca cereal polve gli asperse.
Incoronata d'èllera una tazzaD'almo licor temprato, gli si assise
Di fronte e 'l rincorò con questi accenti: 105
? 80 "Pàsciti, o forestier, di queste carniDi porcelletti che de' servi è 'l cibo;
Que' saginati e di gran corpo vannoLe ingorde voglie a satollar de' Proci,
Cui non cal della ultrice ira de' numi, 110
Né dan loco a pietà. Pur gli atti iniquiNon amano gli Eterni, alla giustizia
Onor sol fanno e all'opre oneste e pie.
Que' medesmi ladron che estrania terraDevastano, ove lor Giove pur dia 115
Tornar co' legni carchi al natìo loco,
Piombar sèntonsi in cor della tremendaVendetta degli Dèi fiero sgomento.
Ma forse del mio Re qualche funestaNotizia ebbero i Proci o d'alcun Nume 120
La voce udîr, poiché della regina,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Nume Elèna Troia Tèucri Agamennóne Ulisse Proci Eterni Giove Proci Nume
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