Quand'io posto l'agguato all'inimico, 280
I più forti eleggea, no, mortal rischioGiammai non presentì l'alto cor mio,
Ma con l'asta slanciandomi, stendeaQual, fidato ne' piè, mi raffrontava.
Tal fui già in guerra; non rural fatica, 285
Non domestiche cure a me fûr care,
Che splendida allevar fanno la prole;
Ma remiganti navi, aspre battaglie,
Acute lance e lucidi quadrelliSempre dilessi, benché appaian cose 290
Tremende altrui. Ecco di che mi piacqui,
Ecco ciò che nel cor pósermi i Numi;
Ché a vari studi vòlgesi 'l desìoDe' mortali nel cor. Prima che ad Ìlio
Fesser passaggio della Grecia i figli, 295
Nove fiate su veloci legni,
Duce fui de' guerrier cui sospingeaContra gente straniera; ed ogni impresa
Lieta mi succedea. Trascelto il fioreDelle prede, molte altre indi sortìa; 300
Così lo stato mio repente accrebbi,
E riguardato cittadin possenteTra i Cretesi divenni. E quando Giove
La detestata via schiuse, che a moltiProdi guerrieri le ginocchia sciolse, 305
Forza a me fêro e al chiaro Idomenèo
Di comandar le prode che alla voltaDrizzàvansi di Troia, né già v'ebbe
Loco a rifiuto, ché tonar l'iratoGrido si udìa del popolo. Pugnammo 310
Quivi noi, prole degli Achei, nov'anniE nel decimo alfin, cacciata al fondo
Di Prìamo la città, ritornavamoCo' ratti legni alla natìa contrada.
Ma ci disperse un Dio. Me sventurato, 315
A più fiero destin Giove dannava:
Ché a mi goder un mese unico i figli,
L'alma consorte che menai pulcella,
E' miei tesor stetti ne' patri lari;
A navigar di poi l'alma mi spinse, 320
Con ben instrutte prode e con valenti
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Numi Grecia Cretesi Giove Idomenèo Troia Achei Prìamo Dio Giove
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