Compagni, vèr l'Egitto. Io nove adunqueNavigli corredava ed i miei prodi
Accorsero. Sei dì vivandâr lieti,
Ed io pe' sagrifizi e per le mense 325
Non poche porgea lor vittime elette.
Sorto il settimo dì, ci dipartimmoDalle piagge di Creta e con un vento
Boreal fido e puro, agevolmente,
Qual per corrente gìa, l'onde solcammo. 330
Leso non fu alcun legno e noi seggendo,
Di vigor lieti e di salute, andammoLa 've 'l vento e' nocchier drizzâro il corso.
La foce al quinto dì, del fiume Egitto
Dalle belle correnti, alfin prendemmo. 335
Quivi ordinai che molti de' miei prodiStesser presso le navi a custodirle;
Gli altri spediva ad esplorar dall'altoLa contrada. Se non che dall'audace
Animo spinti e dal valor natìo, 340
L'Egizie saccheggiâr fertili terre,
Le donne e' figli via menâr captivi,
Gli agricoltori uccisero; repentePer tutta la Città ne corse il grido.
In questa i cittadin, surta l'Aurora, 345
Accorsero; di fanti e di cavalliGià pieno è 'l campo e del balen dell'armi.
Allora il Fulminante un tal desìoDi vil fuga ne' petti a' nostri infuse,
Che tener fronte alcun più non sostenne, 350
Perocché la sciagura ed il terroreOvunque gli premea. Molti d'acuto
Acciar furono stesi e parte fûroStrascinati a patir travagli o stento.
L'Olìmpio stesso questo allor nel petto 355
Consiglio mi spirò: Deh! perché primaNon caddi e non compiea là nell'Egitto
Il destin mio! poiché d'altra più graveSventura segno esser dovea. Dal capo
L'elmo a terra deposi, dalle spalle 360
Lo scudo e l'asta di mia man gettando,
Corsi al cocchio del Re subito incontro,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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