Il lungo della nave albero poseTra man, perché fuggissi 'l mortal rischio. 405
Di forza l'avvinchiai: qua e là sull'ondeMe l'impeto portò de' fieri vènti.
Errai per nove dì, ma nella foscaDecima notte, de' Tespròti al lido,
Enorme un flutto mi gittò. M'accolse 410
Liberalmente il Re di quelle genti,
L'eroe Fedón. Trovommi 'l figlio a caso,
Che affaticato e di freddo tremanteSull'arena giacea. Stesa la destra,
Mi sollevò, mi addusse al regal tetto, 415
Tunica e vesti splendide mi porse.
? 321 Quivi d'Ulisse udìa: dicéami 'l Rege
Che lo accolse e 'l dilesse, allor ch'ei gìaAl natìo loco e mi mostrò d'Ulisse
Le adunate ricchezze ivi deposte: 420
Il rame, l'oro e 'l ferro effigiato,
Tanto che sostener d'una famigliaPer dieci età potrìeno i discendenti.
Che a Dodona ei passò, perché la sacraAlti-chiomata quercia gli riveli 425
L'oracolo di Giove: se ridursiDopo assenza sì lunga in Ìtaca abbia,
Palesemente o ignoto. Indi libandoAlla presenza mia, nella sua reggia,
Giurava 'l Re, che in mar tratto era il legno 430
Ed i rèmigi presti a ricondurloAlla terra natìa. Me accomiatava
Prima Fedóne; ché ivi a sorte un legnoDi Tespròti nocchier drizzava il corso
Vèr Dulìchio, di grano aureo ferace. 435
Commise lor, che me con vigil cura,
Al Re Acasto adducesser; ma costoroVolgeano in mente un perfido consiglio,
Perch'io cadessi di miseria al fondo.
Quando la nave ondìvaga si spinse 440
Dalla terra lontan, ratto m'ordîroIl giorno del servaggio. Disvestîrmi
Tunica e manto, e questi che or tu vediMiseri cenci, mi gettâro in dosso.
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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