Come color che lieti a un tempo e impuni, 485
Le sostanze ne struggono. Non ioNé investigar mai più, né chieder amo,
Dal dì che favellando mi deluseUn Etolo che reo dell'altrui sangue,
Poi che errando se n' gìa di piaggia in piaggia, 490
Venne al mio albergo ed io lieto l'accolsi.
Costui dicea, che a risarcir le naviDalle tempeste conquassate, il vide
Appo 'l Re Idomenèo nell'ampia Creta.
E soggiungea: l'estate over l'autunno 495
Certo ritornerà con gran dovizia,
Rimenando i compagni incliti in guerra.
E tu, buon veglio che tanto soffristi,
Poiché ne' lari miei t'addusse un Dio,
Né mentir, né blandirmi; ah! non per questo 500
Fia, che t'onori più, né che più t'ami,
Ma perché l'ospital Giove paventoE pietade nel cor per Te mi parla."
? 390 "Ben incredulo in petto animo chiudi,
- Ulisse ripigliò -, poiché a malgrado 505
De' giuramenti miei, fé non mi presti.
Su via, fermiamo un patto, e di lassusoGli Eterni dell'Olimpo abitatori
Fàcciano ad amendue testimonianza:
Se ritorna il tuo Re qui, ne' suoi tetti, 510
Tunica e manto vèstimi e a Dulìchio
Dove aspira il mio cor, tosto m'invia;
Ma se com'io 'l t'annunzio, egli non riede,
Eccita i servi, che da un'alta rupeCapovolto mi gettino, sì ch'abbia 515
Sgomento 'l poverel di farti inganno."
? 401 "Stranier - rispose il nobile pastore -,
Bella m'acquisterei splendida lodeDi gloria e di virtù, non pur in questa,
Ma nell'età venture appo i mortali, 520
Se accolto nel mio albergo e gli ospitaliDoni a te compartiti, io t'uccidessi
Togliendoti le dolci aure di vita,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Etolo Re Idomenèo Creta Dio Giove Eterni Olimpo Dulìchio
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