Dove n'andaste? In cor più non vi sento,
Come nel dì che sotto l'Ìlie muraPosto avemmo un agguato. A quell'impresa
Fûr duci Ulisse e Menelao ed il terzo, 605
Come lor piacque, io fui. Giunti viciniAlla città ed al muro arduo, per densi
Virgulti penetrammo ad Ìlio intorno;
Tra i paludosi giunchi ivi appiattati,
Giacevam sotto l'armi; algente e fiera, 610
Col soffio Boreal, notte sorvenne;
Cadea dall'alto in dilatate faldeGiù, qual brina, la neve; i nostri scudi
Gremìansi di cristallo. Avvolti gli altriNe' manti e nelle tuniche, tranquilli 615
Giacean sotto le targhe. Ahi folle! io soloIl mantello tra miei commilitoni
Lasciai partendo, ché patir cotantoRigido verno non temea; m'avviai
Sol con la cinta tonaca e lo scudo. 620
Due terzi della notte eran trascorsiE gli astri declinavano, quand'io
Del gomito a tentar facéami Ulisse,
Che stàvami d'accanto ed egli prontoAl sommesso mio dir porse l'orecchio. 625
? 486 "Sagace di Laerte inclito figlio,
Non più tra' vivi rimarrò; me domaIl gel; manto non ho; qui, m'illudendo,
Con la tunica sola un Dio mi spinse;
Già già di scampo m'è ogni via precisa." 630
? 490 Tacqui ed ei concepì questo disegno,
Ché nell'armi era pronto e nel consiglio:
Taci - mi bisbigliò -, che alcun non t'oda.
Della palma e del gomito indi fattoAlla gota sostegno: "Udite, amici, 635
Divina vision che a me nel sonnoBalenò: troppo dal navil distiamo;
Corra a dire qualcuno al sommo Atride,
Che di prodi un drappel ratto ne mandi."
? 499 Sì disse. L'Andremònide Toànte 640
Surse repente e via gettando il manto
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Ulisse Menelao Boreal Ulisse Laerte Dio Tacqui Atride Andremònide Toànte
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