Stanno i tesori, gemina una coppaIl re tolse e levar d'argento un'urna
Fe' cenno al figlio. Ma d'innanzi all'arche 120
Èlena si fermò, dove rinchiusiGiaceano i pepli di lavor mirando,
Di sua man opra. Uno venusto ed ampio,
Ricco di mille fregi e 'l più riposto,
E come stella fulgido, ella scelse. 125
Traversâro la reggia ed al cospettoDi Telèmaco giunti, il Re dicea:
? 111 "Come brama il tuo cor, così feliceTi consenta, o Telèmaco, il ritorno
L'altitonante di Giunón marito. 130
Di tutti i doni che 'l mio tetto chiude,
Dar ti vo' 'l più leggiadro e prezioso:
Crater di bell'intaglio, argento è tutto,
Se non che l'or sui labbri vi risplende,
Di Vulcan magistero. Un dì 'l mi porse 135
De' Sidoni 'l gran Re, Fèdimo, quandoMe ritornante ricettò in sua reggia:
Quest'è il dono ospital ch'or io vo' darti."
? 120 Tacque e gli offerse la ritonda coppa;
La sfolgorante ai piedi urna d'argento 140
Megapènte gli pose; Èlena argivaTra man tenendo il bel peplo, di contra
Stette, nomò il garzone e sì gli disse:
? 125 "Questo dono ancor io, figlio diletto,
Ti do, contesto è di mia man; l'accetta 145
D'Èlena per memoria, onde si adorniNel desiato dì delle sue nozze
La tua sposa; appo Te lo guardi intantoLa cara madre; e tu con lieti auspici,
All'avita magion riedi felice." 150
? 130 Detto, tra man gliel pose ed ei gioiosoL'accettò. Prese gli altri doni in questa
Pisìstrato, ammirolli e ne' ripostiDel cocchio gli allogò. Poscia l'Atride
Nella reggia condusse ambo gli eroi, 155
Quivi ne' troni assìsersi. L'ancella
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Telèmaco Telèmaco Giunón Vulcan Sidoni Fèdimo Tacque Atride
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