Nell'argenteo bacin, da un vaso d'oroVersō l'acqua alle mani, indi un polito
Desco vi stese, in che candidi paniE molte dapi che teneva in serbo, 160
La veneranda dispensiera impose.
Compartiva le carni Eteončo;
Ma di Bacco mescea fervide spumeD'Atride il figlio. Alle vivande apposte
Steser le mani i convitati. Quando 165
Del cibarsi e del ber si confortâro,
Aggiogati i corsier, montâr l'adornoCocchio i garzoni e fuor dell'atrio tosto
Sospėnserlo e del portico sonante.
L'Atride ėva con loro e nella destra 170
Aureo nappo tenea, colmo di dolceGeneroso Ličo, perché in partendo
Libassero; fermossi anzi a' corsieriE propinando agli ospiti, sė disse:
? 151 "O garzoni, salvete ed al Nelide 175
Il medesmo per me vóto ridite;
Fųmmi sempre qual padre affettuoso,
De' popoli 'l pastor, finché pugnammo,
Noi Dānae genti, lā ne' campi d'Ėlio."
? 154 E l'Ėtaco garzon: "Tutto che imponi 180
A Pilo giunti, o Re, noi ridiremo;
Oh! potess'io del par nel natėo locoTrovar Ulisse ne' suoi tetti e dirgli,
Che del pieno tuo amor mi fésti degno,
Non che quanti mi desti incliti doni!" 185
? 160 Com'ei si tacque, a destra gli sorvolaUn'aquila che avea con l'ugne stretta
Bianca e grande oca, mansueto augelloChe da un cortil rapė; con alte grida
Uomini e donne l'inseguėan; ma quella 190
Vie pių a destra appressandosi a' garzoni,
Davanti ai corridor volava ad alto.
Allegrârsi a tal vista ambo gli eroi;
Nel cor di tutti rifiorė la speme.
Ma Pisėstrato il primo: "O divo Atride, 195
Deh! pon mente, se a noi, questo portento,
O qualcun degli Eterni a te, l'invia.
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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