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      A mal mio grado, per vie più blandirmi,
      Me in suo palagio non rattenga il vecchio, 240
      Mentre redir di subito m'è forza."
      ? 202 Detto, tra sé Pisìstrato discorre,
      Come a modo il desir gli adèmpia e questoIl partito miglior tenne: drizzava
      Vèr la nave e 'l marin lito i corsieri, 245
      Depose indi i bei doni in sulla poppa:
      Le vesti e l'or di che 'l fe' lieto Atride.
      Ed a partir Telèmaco esortando:
      ? 209 "Monta, ed a' tuoi precipitar gl'indugiComanda, pria che a' tetti miei ritorni 250
      Ad annunziar questa novella al padre.
      Ché ciò mi sona in cor: no, quell'alteraAnima il dipartir non ti consente;
      Anzi in questa verrà piaggia ei medesmoA farti ressa, né senza i suoi doni 255
      Partiresti; però che al tuo rifiuto,
      In foco d'ira tu 'l vedresti acceso."
      ? 215 Detto, i corsier dall'ondeggiante chiomaVèr la città spinse de' Pili e tosto
      A' suoi tetti pervenne. In questa: "Amici 260
      - Telèmaco ingiungea -, del bruno legnoOrdinate gli attrezzi e noi medesmi
      Montiàmvi a risolcar l'equoree vie."
      ? 220 Obbedîr tutti e assìsersi sui banchi.
      Come presto al partir tutto ei già scorse, 265
      Orava ed alla poppa un sagrifizioA Palla offrìa; quand'ecco gli si appressa
      Un pellegrino di lontan paese,
      Profugo d'Argo, ch'ivi un uom uccise.
      Era indovino e della stirpe sceso 270
      Di Melampo che un dì soggiornò in Pilo,
      Madre di greggi; oltre modo opulenteIvi abitava una magion superba;
      Ad altre genti indi migrò, fuggendoLa patria ed il terribile Nelèo, 275
      Degli umani 'l più illustre: immensi beniRapìgli e un anno li ritenne intero


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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