Permette un Nume. Oh! dove dunque meni,
Stolto pastor, quest'importun mendico, 270
Di mense vorator, che ritto addossoA molte porte logrerà le spalle
Pel tozzo, e non fia mai, che ne' certamiO di tripode o d'urne al pregio aspiri?
Che se 'l mi dessi a custodir le stalle, 275
A purgarmi 'l cortile, a recar frascaA' miei capretti, del mio sier beendo,
Colmo avrìa presto e rilevato il fianco.
Ma dotto nel mal far, schifa il travaglio,
Erra per la cittade ed accattando, 280
Del ventre agogna satollar la rabbia.
Pur ciò dichiaro ed avverrà: s'egli entraNella magion del Re, molti sgabelli,
Scagliati dalle man de' Proci, intornoVoleranno al suo capo e da' suoi rotti 285
Fianchi nell'aula rimbalzar vedrànsi."
? 233 Detto, 'l furente irrompe e nella cosciaDiègli d'un calcio, ma fuor della via
Nol sospinse; ei restò saldo e inconcusso.
Qui 'n sé volgea, s'ei gli s'avventi addosso 290
E col baston l'uccida o se il solleviE 'l getti a terra e gli sfracelli 'l capo...
Ripresse l'ira e tollerò. Ma biecoVibrò a Melànzio 'l buon pastor de' verri
Lo sguardo e forte il rimbrottò; indi orando 295
Ad alta voce, sollevò le palme:
? 240 "Ninfe, Nàiadi Ninfe, o voi leggiadraProle di Giove, se il mio re mai v'arse
Lombi di candid'adipe coverti,
D'agnelli e di capretti, or questo vóto 300
M'adempite: ritorni a noi quel grandeE 'l guidi un Nume. Come allor fia tutto
Quel tuo fasto disperso e la burbanzaCon che n'oltraggi, tu ch'erri pur sempre
Per la cittade; e per tua colpa intanto 305
Da pessimi pastor pèrdesi 'l gregge.
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Nume Proci Melànzio Nàiadi Ninfe Giove Nume
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