? 247 "Oh! Che mai latra - ripigliò Melànzio -,
Questo sfacciato can, mastro di frodi?
Ma ben io l'addurrò su nave brunaLungi da questo lido, acciò mi venga 310
Dalla vendita sua lucro non leve.
Così 'l nume dal grande arco d'argentoTelèmaco saetti oggi in sue case,
O de' Proci per man caggia trafitto;
Come dal suol natìo lungi, ad Ulisse 315
Del ritorno fu 'l dì tolto per sempre."
? 254 Detto, si dipartì; que' duo lasciando,
Che a passi lenti procedean; veloceAlla magion del Re subito ei giunse.
Com'egli entrò, sedévasi tra i Proci 320
Ad Eurìmaco in faccia, a cui dilettoEra d'assai. Donzelli a ciò preposti
Parte gli poser delle carni innanzi,
Pórsegli 'l pan l'antica dispensiera.
Ulisse ed il pastore al regio albergo 325
Appropinquati in questa, s'arrestâro;
Scorrea di cava cetra a lor d'intornoDolce armonia: di Fèmio èrane 'l canto.
Presa il Re allora del pastor la mano:
? 264 "Eumèo - soggiunse -, certo 'l maestoso 330
Palagio esser convien questo d'Ulisse,
Agevolmente ravvisar tra moltiLo si potrebbe, ché l'un palco all'altro
Sovrasta, di muraglie e di steccati
È munito il cortil, doppie e ben forti 335
Sorgon le porte: niuno a viva forzaSormontarlo potrìa. M'accorgo inoltre
Che vivandar colà denno ben molti;
Delle dapi l'odor spàrgesi intorno;
Odo la cetra risonar, che fêro 340
Gioconda amica delle mense i Numi."
? 272 "T'apponi al vér - soggiunse Eumèo - né mostriIn tutte cose men sagace ingegno.
Su via, pigliam partito o tu primieroEntra nel ricco albergo ed ivi a' Proci 345
Mésciti ed io qui stommi; o se t'aggrada
| |
Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
|
|
Melànzio Proci Ulisse Proci Eurìmaco Fèmio Ulisse Numi Eumèo Proci
|