Gli altri a durar per forza aspre fatiche.
Me ad un ospite lor diêro, che in Cipro
Scontrâr, all'Iàside Demetóre
Che regnava quell'isola, dond'io 545
Qua da gran mali combattuto, aggiunsi. "
? 445 "Qual demone n'addusse or questa lueA turbarci 'l convito? - Antìnoo grida -.
Lèvati dal mio desco e lì nel mezzoDell'aula ti rimani o qui l'amara 550
Cipro e l'Egitto rinverrai di nuovo,
Accattone impudente e temerario.
Un dopo l'altro i Proci tenti; ognunoLargo ti dà, ché niun risparmio, niuna
Sente pietà chi l'altrui ben profonde, 555
E larga innanzi a sé copia ognor mira."
? 453 Arretrandosi Ulisse: "Oh! Numi! - esclama -
A tal beltà non l'animo risponde.
Tu, né di sale pur daresti un granoAl supplice venuto alle tue case, 560
Tu che sprecando le dovizie altrui,
Siedi, né degni di largirmi il tozzo,
Quand'ecco il desco, che di dapi abbonda!"
? 458 Vie più, d'Antìnoo in core, a questi detti,
Divampò l'ira, il guatò bieco e disse: 565
Già non cred'io che in ben, da queste soglieUscir potrai, poi che oltraggiarmi ardisci."
? 462 Ghermito in questa lo sgabel, l'avventa,
Sì che a sommo colpì l'omero destroD'Ulisse; e' stette come rupe immoto. 570
Né già lo smosse la percossa; mutoCrollò la testa e giù nel cor, profonde
Fondamenta gettava alla vendetta.
Ito alla soglia, assìsesi ed il colmoZaino deposto, si converse ai Proci: 575
? 468 "O dell'alma regina incliti amanti,
Udite tutto che spìrami 'l core:
Né si duol, né rammàrcasi chi tocca,
Propugnando il suo aver, qualche ferita,
Sia pel candido gregge o per l'armento; 580
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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