Ma l'eroe scaltrato:
Duci - sclamò -, giusto non è che pugniContra giovin gagliardo, oppresso vecchio
Dagl'infortuni. Pur fame crudele 65
Gravi a toccar ferite mi sospinge.
Ma deh! tutti affidàtemi con grandeGiuro, che niun di voi gratificando
Iro a gran torto, me di man robustaPercuoterà, sì che costui mi calchi." 70
s 58 Concordi tutti, consentîro e 'l grandeFêr sacramento; alzossi allora il forte
Telèmaco e parlò: "Stranier, se l'alma,
Se l'altero tuo cor t'eccita e spiraA respinger costui, movi e 'l respingi, 75
Ned alcun altro degli Achei paventa.
Chi 'n te le mani avventerà, con moltiForza gli fia pugnar. Ospite mio
Certo se' tu: ciò stesso approverannoEurìmaco e l'Eupìtide, amendue 80
Per senno e per valor prìncipi illustri."
s 66 Tutti acclamâr; spògliasi Ulisse e un cintoForma de' panni suoi: nervose e grandi
Mostra le cosce, i lati omeri, 'l pettoE le braccia robuste. Accorsa Palla, 85
De' popoli al pastor vie più le membraCrebbe e ringagliardì; restâro i Proci
Attoniti a tal vista ed uno all'altro:
s 73 "Iro - dicean - morrà; si tirò addossoL'infortunio da sé. Ve'! sotto i cenci 90
Qual mostra il veglio vigorìa di membra!"
s 75 Ad Iro intanto fieramente in pettoAgitàvasi l'alma. Nondimeno
Per forza i servi, messogli 'n sui lombiUn cinto, il conduceano impaurito: 95
Tremàvangli le carni. Antìnoo iratoCon quest'acerbo rampognar l'assalse:
s 79 "Oh! perché vivi? Oh! non fostù mai nato,
Vile millantator, che alla presenzaPalpiti e tremi di costui, già carco 100
D'anni e dai casi combattuto e domo.
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Concordi Achei Eupìtide Ulisse Palla Proci Ad Iro
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