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Anzi qui presso... Ma te possa un Dio
Rimenar a' tuoi tetti, onde non abbiA raffrontarti in lui, com'ei sorgiunga.
A rivi il sangue scorrerà nel giornoChe rientrato in sua magion, verranne 185
Tra i Proci e lui l'aspra tenzon decisa."
s 151 Tacque, e 'l dolce licor libato, bevve;
E di genti al pastor tornò la coppa.
Costui dolente in cor, per l'aula gìaSquassando il capo e presagìa nell'alma 190
L'eminente sventura. All'atra Parca
Non per questo sfuggì: da Palla avvinto,
Anch'ei sotto le mani e la fier'astaSteso fu da Telèmaco. Nel seggio
Quindi si collocò, donde pria sorse. 195
s 158 Ma nell'alma, all'Icàride prudenteSpirò il pensier di presentarsi a' Proci
L'occhi-glauca Minerva, acciò più allarghiLa speme ne' lor petti, e più che prima
Orrevole si tenga ed in gran pregio, 200
Dal consorte e dal figlio. In questa, un risoA fior di labbra rise; indi chiamata
Eurìnome, movea queste parole:
s 168 "Non più sentito in pria, viemmi un desìoDi mostrarmi a' rivali, benché al tutto 205
Gli abbomini. Dar vo' un avviso al figlioUtile: troppo co' superbi egli usa,
Blandi nel dir, ma pessimi nell'opre."
s 169 "Ben detto - ella rispose -. Or va' ed assennaIl figliuol tuo. Fa' ch'egli sappia il tutto; 210
Ma pria ti lava e cospergi le goteD'essenze, ché apparir non dèi col vólto
Risolcato di lagrime; mal fôraMostrar, che sempre e senza modo piangi.
Adorno ha 'l figlio d'un bel fiore il mento, 215
Qual già tu oravi di vederlo ai Numi."
s 177 "Benché buon zelo t'animi, non fia,
Eurìnome, che tu mi persuada
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Dio Proci Tacque Parca Palla Telèmaco Icàride Proci Minerva Numi
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