Ad ispezzarti col vigor del braccioLa testa, e tutto del tuo sangue brutto,
Alfin da questa reggia ti discacci." 420
s 337 La guatò bieco Ulisse, ed: "Impudente!
- Gridò - già già a ridir cotesti oltraggiA Telèmaco vo, perché qui ratto
Tragga, ed a brano a brano ti discerpi."
s 340 Impaurite al suon di questi accenti, 425
Correan qua, là per la magion disperseLe ancelle, scosse da un orribil tremito;
Ché d'Ulisse il parlar credean verace.
Ritto ei rimase accanto agli avvampantiBracier, gli occhi intendendo a' Proci tutti 430
E volgeva nel cor altro, né indarno.
s 346 Ma restar dagli oltraggi dolorosiA' Proci altier non consentì Minerva,
Acciò vie più il dolor penètri addentroNell'alma al divo eroe. Primo 'l rimorse 435
Il Polibide Eurìmaco, rivoltoA provocar di que' superbi 'l riso.
s 351 "Udite ciò che 'l cor mi spira, amantiDell'inclita Penèlope. Costui
Non venne, no, nella magion d'Ulisse 440
Senza 'l voler di un Dio. Splendon del pariLe faci, pàrmi, e la sua testa; certo
Sovr'essa un sol capello non ispunta."
s 356 All'eversor delle Città indi vòlto:
Stranier - soggiunse -, vorrestù servirmi, 445
Se per mercé condegna io t'inviassi,
Là nell'estremità del poder mioA raccôr sassi per macìe, a piantarvi
Grandi alberi? Perenne il vitto in copiaAvresti e panni al dosso, al piè calzari. 450
Ma nel malvagio oprar dotto, rifuggiDalla fatica e mendicar t'aggrada,
Per dar pastura all'avido tuo ventre."
s 365 D'Ìtaca il Re: "Se in qualche erboso campo,
Di travaglio fra noi gara surgesse 455
| |
Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
|
|
Ulisse Telèmaco Impaurite Ulisse Proci Proci Minerva Polibide Eurìmaco Penèlope Ulisse Dio Città
|