Del mio consorte sul destin, per cuiL'angosciato mio cor tanto s'attrista."
t 96 Detto, conversa a Eurìnome, soggiunse: 125
Reca uno scanno e su vi stendi un vello,
Eurìnome, seggendo a me favelliL'ospite e m'oda; interrogarlo or voglio."
t 100 Ratto, la dispensiera un eleganteSeggio recava e 'l ricoprìa d'un vello. 130
Vi si adagiò l'eroe, cui sì favellaPenèlope: "Straniere, or io medesma
Prima ti parlerò: Chi? Di qual gente?
Di qual città? Chi fûro i maggior tuoi? "
t 106 "Donna - rispose 'l sapiente Ulisse -, 135
Uom, no, non havvi sull'immensa terraCh'osi biasmarti; sin al Ciel già salse
La gloria tua: qual di Re saggio e pio,
Che sopra molte bellicose gentiStende lo scettro ed è sostegno al dritto. 140
Ondeggian nelle fertili campagneOrzi e frumenti, gràvansi di frutta
Gli alberi, figlia vigoroso 'l gregge,
Pescoso è 'l mar; e sotto 'l regger equoVivono sempre i popoli felici. 145
Però d'altro or mi chiedi in tua magione;
Non di mia stirpe e del natìo paese,
Ché d'aspre doglie m'empiresti l'almaCon la membranza delle mie sventure.
Dolente oltre ogni dir, non mi si addice, 150
Seggendo in casa altrui, piangere, ed altiMetter gemiti e lai; non bene adopra,
Chi sempre a sparger lagrime si ostina:
Temo che contra me qualche tua ancellaS'adiri od anco tu medesma, e dica: 155
Ebbro, costui qui 'n lagrime si stempra
."
t 123 E l'inclita regina: "Ospite mio,
Certo il vigor dell'alma e la beltadeGli Eterni mi rapîr, quel dì che a Troia
Navigâro gli Argivi e con lor gìa 160
Ulisse, il mio consorte.
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Eurìnome Ratto Ulisse Ciel Eterni Troia Argivi
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