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      Or più le nozzeSfuggir non posso ned alcun m'occorre
      Altro consiglio; già i parenti a quelleD'instigarmi non cessano. S'adira
      Contra i divorator del suo retaggio 205
      Il figlio che i suoi danni a pien conosce.
      Adulto omai, prender ben può il governoDi sua magion; Giove di gloria il colma.
      Ma la tua stirpe or dimmi e 'l natìo loco;
      Ché dall'antica favolosa quercia 210
      O d'aspra rupe originar non dèi."
      t 164 E 'l re sagace: "O veneranda sposaDel Laerzìade Ulisse, a che non cessi
      D'interrogarmi sul lignaggio mio?
      Il ti dirò, benché tu cresca i tanti 215
      Affanni miei; com'è ragion che avvengaAd uom che al par di me, molti anni e molti
      Dalla terra natìa vive lontano,
      Che più città percorse errando, e sempreTormenti aspri sostenne. Tuttavolta, 220
      Poiché 'l mi chiedi, a dìrloti son presto.
      t 172 Sorge in mezzo al mar bruno una gran terra:
      Bella irrigua ferace; in sé recepeImmensa moltitudine di genti
      E novanta città. Molte favelle 225
      Miste sonan colà: sónvi gli Achei,
      I generosi autòctoni Cretensi,
      Sónvi i Cidoni, e in tribù tre divisiI Dori ed i magnanimi Pelasgi.
      Gnosso, vasta città, quivi si estolle, 230
      Regnata da Minòs che Giove sommo,
      D'ogni novennio al volgere, poneaDel suo colloquio a parte. E fu Minosse
      Padre del padre mio, del valorosoDeucalión, da cui nacqui io ed il Rege 235
      Idomenèo, che in sui rostrati legniCon gli Atridi attingea le Ilìache sponde.
      A me d'età minor, fu 'l nome illustreD'Etone imposto; Idomenèo fu 'l primo
      E 'l più valente. Vid'io 'n Creta Ulisse 240
      E gli porgea doni ospitali.


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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