Gl'indizi esposti dall'eroe conobbe.
Ma quando si sentì sazia di pianto,
A lui conversa disse: "Ospite mio,
Tu che ne' tetti miei m'eri pur dianzi 325
Soggetto di pietade, or mi diventiVenerevol e caro: ch'io medesma
Le vesti li porgea, di che tu parli,
Nel talamo piegate. Ed io gli affissiLo splendido fermaglio, adornamento 330
Del suo bel manto. Ahi! misera, non ioReduce alla natìa dolce sua terra
Novellamente l'accorrò. Ben crudoDestin salir gli féo la larga nave
Che all'infame esecrato Ìlio il traea." 335
t 261 "Orrevole d'Ulisse inclita donna,
Deh! non più consumar - l'eroe soggiunse -,
La tua bella persona, né tristartiL'alma, piangendo il tuo consorte. Certo
Taccia darti non so: ciascuna piange 340
Chi la condusse un dì vergine sposaEd a cui figli partorì. Ben vuòlsi
Ulisse pianger più, che com'è grido,
A' Sempiterni assembra. Or tu, deh! cessaDal gemere e pon mente: aperto e schietto 345
Tutto che udìa del suo redir vo' esporti.
È vivo Ulisse; appo la ricca genteSta de' vicin Tespròti e molti apporta
Seco egregi tesor, ch'ei s'ebbe in donoDai popoli e da' Regi, ma nell'alto 350
Mare i prodi compagni ed il naviglioPerdette, dipartèndosi dai lidi
Della Trinacria; perocché adirârsiGiove ed il Sole, a cui del Re i compagni
Sgozzâr l'armento. Il mar voraginoso 355
Gli ingoiò tutti; lui gettava, solo,
Sulla carena della nave infranta,
Inverso 'l continente, appo i Feaci,
Gente che trae l'origine dai Numi.
E' di cor come a un Dio, fécergli onore; 360
Di presenti 'l colmâro e in sua magioneIncolume fermâr di ricondurlo.
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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