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      Certo qui fôra ei già. Se non che meglioTornar gli parve di adunar dovizie
      Percorrendo altre terre. Il tuo consorte 365
      Soverchia ne' sottili accorgimentiI mortai tutti, tal che niun ardisce
      Contender seco. De' Tespròti 'l regeFidón mi raccontò, mentr'ei libava
      In sua magione, e 'l mi affermò con giuro: 370
      Che varata la nave e ch'eran prestiColor che denno al suol natìo raddùrlo.
      Fidón me prima accomiatò, ché a sorteDrizzava un legno di Tespròti il corso
      Vèr Dulìchio, di grano aureo ferace. 375
      Ma le dovizie tutte ei pria mostrommi,
      Adunate da Ulisse in sì gran copia,
      Che sostener d'una famiglia interaPer dieci età potrìeno i discendenti:
      Tali son i tesor ch'ei cumulava 380
      Appo Fidón che aggiunse: "Ito a Dodona
      È Ulisse per udir dalla divinaAlti-chiomata quercia il gran consiglio
      Dell'Olìmpio: s'ei dee dopo sì lungaAssenza, ritornar al natìo loco 385
      Palese od in segreto". E dunque, salvo,
      Qui di certo ei verrà. No, da' suoi cari,
      Né dall'amato suol patrio lontanoGran pezza ei rimarrà. Tutto che dissi,
      Or col solenne sacramento affermo. 390
      Giove renda al mio dir testimonianza,
      Sommo tra numi ed ottimo, e d'Ulisse
      Il sacro focolare a cui rifuggo.
      Ciò che dico, avverrà: quest'anno Ulisse
      Rapparirà in sua reggia, o pria che spiri 395
      Il mese, o del vegnente al sorger primo."
      t 308 "Oh! s'adempia il tuo detto, ospite mio,
      - Penèlope rispose! - incontinenteDi grato animo pegni e tanti doni
      Otterresti da me, che te in veggendo, 400
      Ciascun beato ti terrà. Ma in pettoPàrlami 'l cor ciò che pur troppo fia:


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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