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O giovin troppo ancor, fatto non viemmiDi por fidanza sul vigor del braccio,
Tal ch'io ributti chi primier m'assalga.
Orsù, voi, più di me gagliardi tanto,
Tentate l'arco e cómpiasi 'l certame." 170
f 136 A terra l'arme, in questo dir, depose,
L'appoggiando a' congiunti assi politiDell'alta porta, dechinato il dardo
Sulla fulgente estremità dell'arco,
A riseder tornò donde pria sorse. 175
f 140 E l'Eupìtide: "Alzatevi, compagni,
Per ordin tutti cominciando a destra,
Donde versa il coppier fervide spume."
f 143 Piacque 'l detto. L'Enòpide Leode,
Aruspice de' Proci, àlzasi 'l primo; 180
In disparte sedea sempre appo un'urnaMagnifica, ed ei solo ebbe in dispetto
Colpe sì gravi, e detestava i Proci.
Primo ei l'arme e lo stral tolto, processe;
Sulla soglia piantossi e tentò l'arco, 185
Ma nol piegò, ché affaticate innanziLe delicate e liscie man sentìo;
Perciò: "Amici - sclamò -, tender nol posso!
Altri 'l prenda e sottentri; ma quest'arcoNon pochi illustri spoglierà di vita; 190
Tuttavolta morir tòlgasi prima,
Che uscir di speme d'ottener l'intento,
Per cui qui sempre ci aggiriam, ma indarno.
So che alcuno di voi già brama e speraPenèlope impalmar, donna d'Ulisse; 195
Ma fatto che abbia di sì forte arneseEsperimento, certo un'altra Argiva
Di pepli adorna chiederà, porgendoNuziali presenti, e la regina,
Di lui che le offrirà dote più ricca, 200
E che il destino le addurrà, fia sposa."
f 163 A terra l'arco in questo dir depose,
L'appoggiando a' congiunti assi politi;
Lo strale dechinò sulla fulgente
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Eupìtide Piacque Enòpide Leode Proci Proci Ulisse Argiva
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