Estremità dell'arco e risedèo. 205
f 167 Ma proruppe l'Eupìtide: "Qual maiParola grave e ria t'uscì dal labbro,
Leode? D'ira già m'accesi, udendoChe quest'arco il vigor torrà e la vita
A' forti, perché tu curvar nol puoi. 210
No, Te non procreò la genitriceA trattar archi a saettar quadrella;
Ma ratto gli altri Proci 'l tenderanno."
f 175 E converso al caprar: "Melànzio - ingiunse -,
Accendi nel palagio un vivo fuoco, 215
Pónvi d'accanto un seggio ampio, covertoD'un vello, e grande dall'interno apporta
Ritonda massa d'adipe indurato,
Acciò per noi s'unga e si scaldi l'arco,
E fatto 'l saggio, cómpiasi 'l certame." 220
f 181 Melànzio divampar féa tosto il fuoco;
Gran seggio accanto pósevi, d'un velloIl ricoverse e dall'interne stanze,
D'adipe sodo vi recò gran massa.
Scaldâro l'arco i giovani e tentâro 225
Nuovamente di flètterlo, ma indarno,
Ché del braccio 'l vigor venne lor manco.
Ma non ancora nell'agon comparsoL'Eupìtide era, e non il deiforme
Eurìmaco: amendue fra i pretendenti, 230
Per man gagliarda e per valore i primi.
f 188 Filèzio in questa ed il pastor Eumèo
Fuor del palagio di conserto uscîro;
Indi 'l medesmo eroe. Tutti varcatoCom'ebbero le porte ed il recinto 235
Del cortile, drizzò ratto ad entrambiAffettuose il Re queste parole:
f 193 "Pastor de' verri e tu de' buoi custode,
Degg'io farvi palese un mio segreto,
O 'l tacerò? Dìrlovi 'l cor m'istiga. 240
A pro d'Ulisse che fareste voi,
Se di repente qui s'appresentasse,
Rimenato da un Nume? A' Proci aìtaPorgereste od a lui? Dìtemi aperto,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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