Chiuse 480
La nutrice le porte; ed irrompendoFuor della reggia tacito, Filèzio
Del munito cortil fermò le porte.
Di biblo intesta, per capace nave,
Giacea sotto la loggia enorme fune, 485
Con ch'ei le porte rilegò, indi féoNella sala ritorno, e in su quel seggio
Donde pria sorse, risedette, gli occhiAffisando in Ulisse, il qual già l'arco
Maneggiava, esplorava e in tutte parti 490
Il rivolgea, non forse àbbiangli i tarli,
Mentre era assente il Re, lese le corna.
f 396 Converso in questa alcun de' pretendentiAl vicino, dicea: "Certo costui
Conoscitor d'archi è perito; o tiene 495
Di somiglianti in sua magione, o bramaFoggiarne un altro ei pur. Ve'! come intento
Di qua, di là partitamente il volge,
Questo ramingo artefice di colpe."
f 401 Ed un altro gridò di que' superbi: 500
Del par gli torni in bene ogni desìo,
Com'è vér ch'ei potrà tender quest'arco!"
f 404 Così tra loro i Proci. Ulisse intanto,
Come trattato ed osservato l'ebbeA parte a parte, siccom'uom perito 505
Nel canto e nella lira agevolmenteTende, volgendo il bìschero, la corda
Di ben torte di pecora minuge,
Che d'ambo i lati della cetra avvinse;
Così, con facil man, curvò il grand'arco 510
Ulisse. Allora con la destra il nervoAfferrando, ne féa l'esperimento.
Acuto suono esso mandò, sembianteDell'irondine al grido. Immenso affanno
Sentîro i Proci e scolorârsi. Giove 515
(Fausto presagio) rimbombar fe' 'l tuono.
L'eroe gioì, ché tal portento in chiaroMise 'l favor che 'l figlio a lui porgea
Del prudente Saturno. Alato stralePrese, che nudo si giacea sul desco; 520
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Filèzio Ulisse Converso Proci Proci Fausto Saturno
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