Telèmaco ficcò di Leocrìto,
Che fuor de' reni riuscì, boccone 375
Cascò e la terra con tutta la frontePercosse. Allora dall'eccelsa volta
Alzò Minerva l'egida funesta:
Allibirono i Proci. Un fier terroreGli animi lor turbò: di qua, di là 380
Fuggìan per l'aula, come di giovencheTorma che punga ed agiti 'l furente
Assillo nel redir di primavera,
Quando i giorni s'allungano. SiccomeSparvier, da' rostri e dagli adunchi artigli, 385
Piomban da' monti sui minori augelliChe impauriti dalle basse valli
Volano vèr le nubi, e quei repente,
Slanciàtisi gli uccidono, ned havviResistenza né fuga; a tanta preda 390
Esultano gli astanti. In simil foggiaTutti e quattro i guerrier sui pretendenti
S'avventano, gl'incalzano, gli fiedonoNell'aula ovunque; al suon delle percosse
Teste echeggiava un fier gemito e tutto 395
D'atro sangue ondeggiava il pavimento.
Leode a' piedi dell'eroe gittosseE con ratto parlar mercé chiedea:
? 312 "T'abbraccio le ginocchia, inclito Ulisse,
Deh! riguarda il tuo supplice e ti spetra. 400
Miserere di me! TestimonianzaDi tua reggia per me rendan le ancelle,
S'io dissi o feci lor cosa pur maiMen che decente; anzi a reprimer gli altri,
Rivolti a insolentir, sempre accorrea. 405
Retta non diêrmi, onde ritrar dall'opreScellerate le mani; ed ebber quindi
Condegno guiderdon d'ignobil morte.
Ma io che tra costor àugure fui,
Che parte ne' lor falli unqua non ebbi, 410
Qui con lor giacerò? Certo non fia,
Chi più, del suo ben far, mercede impetri."
? 320 Bieco Ulisse il guatò. "Poiché - rispose -
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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Leocrìto Minerva Proci Ulisse Bieco Ulisse
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