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      Dal cor imo onorârlo e sopra un legno 420
      Il rimandâro al natìo loco, larghiVèr lui di rame, d'òr, di ricchi ammanti...
      Proferìa questo detto ultimo, quandoScioglitor delle membra e d'ogni cura
      Disperditore, il sonno almo l'invase. 425
      ? 344 Pàllade intanto dal bel guardo azzurroAltro in mente volgea; come fe' stima,
      Che dell'amplesso dell'amata donnaAbbastanza e' gioì non che del sonno,
      A levarsi eccitò dall'Oceàno 430
      La figlia del mattin sul trono d'oro,
      Per ricondurre agli uomini la luce.
      Dal soffice s'alzò letto ad un tempoUlisse ed a Penèlope converso:
      ? 350 "Già di molti travagli, amata donna, 435
      Sazi fummo amendue: tu 'l dolorosoMio ritorno gemendo, ed io, cui Giove
      E gli altri Eterni ritenean lontanoDalla natìa contrada, combattuto
      Da mille e mille affanni. Or che amendue 440
      L'amabil nostro talamo trovammo,
      Qua su tutto il mio aver, vigila; ed io,
      Quanto a' greggi da' rei Proci consunti,
      Molti ne prederò, molti altri fìenoPorti a me dagli Achei, finché a pien m'abbia 445
      Tutte empiute le stalle. All'arborosaMia campagna or me n' vo: veder m'è tardo
      L'ottimo padre mio che per me tantiMette gemiti e lai. Quanto a te, donna,
      Benché saggia, ecco ciò che t'accomando: 450
      Ratto, al surger del Sole, andrà la famaPer la città de' Proci che qui uccisi.
      Tu ad alto sali con le ancelle e siedi,
      Né sguardo o detto ad alcun volger mai."
      ? 366 Tacque e vestì le splendid'arme, e 'l figlio 455
      Destato ed i pastori, a tutti ingiunseDi dar di piglio al bellicoso arnese:
      Obbedîro, s'armar. Le porte schiuse,


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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