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      Echeggiavano intorno. A rivi il sangueCorse per tutto e dilagò la reggia.
      Così perimmo, Atride. AbbandonateGiaccion d'Ulisse nel cortil tuttora 245
      Le nostre salme, ché del fiero eventoGli amici ignari, non per anche accorsero,
      Dalle ferite l'atro sangue a tèrgerci,
      Non a deporci nel funereo rogoPiangendo; onor che sèrbasi agli estinti." 250
      ? 191 "O fortunato! - prorompea l'Atride -,
      Sagace prole di Laerte! CertoPel tuo valor la sposa tua possiedi!
      Quanti egregi pensieri ornan la menteDell'esimia Penèlope che ognora 255
      Membrava lui, che la menò pulzella;
      Perciò di sua virtù vivrà la gloriaEternalmente, amabile agli umani.
      Spireranno i Celesti una canzonaPer la prudente Icàride. Né certo 260
      Così adoprò di Tìndaro la figliaChe fier delitto consumò, uccidendo
      Lui che già l'impalmò vergine ancora.
      Costei sarà tra le universe gentiLugubre canto, ché le donne tutte 265
      Già l'infame infamò; tal che andrà lesaQual più s'adorna di costume egregio."
      Tal ragionando insieme ìvan quell'Ombre,
      Stando là dove alberga Pluto, sottoLe vaste della Terra atre caverne. 270
      ? 205 Poiché dalla Città co' suoi disceseD'Ìtaca il Re, processe in picciol tempo
      Di Laerte al poder fertile e culto,
      Che l'eroe s'acquistò co' suoi travagli.
      Là, gli sorgea la Casa attorneggiata 275
      Da Logge sotto cui cibo, riposoPrendeano e sonno i suoi pochi famigli,
      Presti ed intenti sempre a consolarlo.
      Stava lì vecchia Siciliana fanteChe in que' dalla Città campi remoti, 280
      Al vegliardo largìa tenere cure.
      ? 213 Ulisse al figlio ed ai pastor: "Entrate


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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