Rimandato ei t'avrebbe e rimertatoDel par con doni e generoso ospizio,
Dovuti a chi primo n'accolse. Or dimmi 365
Schietto: quanti passâro anni dal giornoChe l'eroe ricettasti, il tuo infelice
Ospite, il figliuol mio, se mai di tantoFiglio era degno? Misero! lontano
Da' suoi più cari e dal natìo paese 370
O giace esca di pesci al mar in fondo,
Ovver sul continente augelli e fereIl divorâro. Né l'esequie e 'l duolo
Gli féa la madre sconsolata e 'l padre,
Noi che all'aure vitali 'l producemmo; 375
Né la saggia Penèlope, già illustrePer dote ricca e per virtude, pianse,
Siccome è degno, nel funereo lettoL'amato sposo, né potéo pur gli occhi
Comporgli; onor che addìcesi agli estinti. 380
Or dimmi 'l vér: chi sei? Donde movesti?
Quale la patria ed i parenti? DoveSta il ratto pin che Te con i tuoi prodi
Qua ti condusse? O passeggier venistiIn altrui nave ed i nocchier, sbarcato 385
Come t'ebbono qua, si dipartîro?"
? 302 Ed Ulisse: "Dirotti a parte a parte,
Tutto che brami. Nacqui in Alibante,
Là 've s'estolle il tetto mio, son figlioD'Afidante che il Re Polipemone 390
Ingenerava. Epèrito mi chiamo.
Dalla Sicilia svòlsemi ed errante,
Contro mia voglia, qua uno Iddio mi spinse;
Sta presso i campi il legno mio, né moltoDista dalla città. Quanto ad Ulisse, 395
Volge il quint'anno che l'eroe dolenteLa mia patria lasciò; mentr'ei partiva
Destri gli augei volavano: di tantoAugurio lieto il congedava ed egli
Del par lieto se n' gìa, ché in cor ne sorse 400
Speme di ritrovarci in altro ospizioE di porgerci alterni incliti doni.
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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