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      Forte Città del continente in riva,
      Tal fossi stato ier ne' tetti nostri,
      Ad assaltar con l'armi in sulle spalle,
      A ributtare i Proci! A molti avreiLe ginocchia disciolte e tu per l'alma 485
      Scorrer ti sentiresti immensa gioia."
      ? 383 Così tra lor. Fatti gli appresti e messeLe dapi in punto, uno appo l'altro assisi,
      Stendean le mani al cibo. Ed ecco Dòlio
      Co' figli sorvenìa, già dal travaglio 490
      Affaticati, ché a chiamarli uscitaEra l'antica madre Siciliana
      Che li nutrì, che affettuose curePrendea di Dòlio, dall'etade attrito.
      L'affisâro, il conobbero, fermârsi 495
      Sul limitare attoniti; ma questeBlande parole a lor mosse l'eroe:
      ? 394 "O vecchio, a desco siedi, in te rientraDa sì grave stupor; da lunga pezza
      Bramiamo il cibo, ma ci rattemprammo 500
      Aspettando pur sempre il tuo ritorno."
      ? 397 Dòlio, a questo parlar, con tese braccia,
      Corse diritto al Re, la man baciògliE con rapidi accenti: "Oh! mio diletto!
      Alfin riedi - gridava -. Oh! desiato 505
      Tanto, ma più non isperato; certoGli stessi Dèi ti rimenâro. Oh! salve, a lungo,
      Ottimo Re, t'allegra, e gl'immortaliDi fausti eventi ti consolin sempre!
      Ma dimmi 'l vér: del tuo ritorno è instrutta 510
      L'assennata Penèlope? O veloceSpacciar dobbiamo a farla accorta, un messo?"
      ? 406 "O buon veglio, ella il sa - ripigliò Ulisse -,
      Perché t'affanni di cotesta cura?"
      ? 408 Detto, assìsesi 'l vecchio incontinente 515
      Sovra un lucido seggio. I figli intornoFêrsi all'inclito Ulisse e riverenti
      Congratulârsi e strìnsergli le mani;
      Poscia l'uno appo l'altro, al padre accanto


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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