Il voler degli Dèi consumò Ulisse
L'impresa; gli occhi miei videro un Nume
Stargli d'appresso simigliante affattoA Mèntore. Or, davanti gli apparìa
E l'incorava, or travolgeva in fuga 565
Impetuoso per la sala i Proci;
Un sull'altro cadevano a trabocco."
? 450 Disse; e tutti allibîr. Qui 'l vecchio eroeAliterse Mastòride che solo
Vedea gli andati ed i futuri tempi, 570
Benignamente al popolo sì disse:
? 454 "Ora che v'apro la mia mente, udite,
Itacesi! Di questo infausto eventoVostra è la colpa e di voi soli, amici!
Non di me, non di Mèntore gli avvisi 575
(De' popoli pastor) seguir vi piacque.
Perciò de' figli voi la tracotanzaNon reprimendo, essi d'un gran delitto
Contaminârsi: a divorar si fêroLe dovizie, a recar onta alla sposa 580
D'un prode che redir non credean mai:
Ecco il successo. Or dunque a' detti nostriObbedite, restiam; non forse alcuno
L'infortunio che invoca alfin non trovi."
? 463 Detto, sursero i più, tumultuando 585
Con grida e plausi, e si disperser tutti;
Gli altri uniti restâr, cui d'Aliterse
Disgradì 'l detto e seguîr quel d'Eupite.
Corsero all'armi. Poi che la personaDel marzio rivestîr fulgido arnese, 590
Anzi all'ampia Città si congregâroIn gran folta. Già méssosi alla guida
De' forsennati Eupite, e' si credetteVindice farsi del suo figlio ucciso.
Ma redir non dovea, ch'ivi e' medesmo 595
Èbbesi in fato di cader. In questaPàllade al Sir d'Olimpo si converse:
? 473 "O padre mio, gran Re dei Re, possenteSatùrnide, rispondi al mio dimando:
Nell'alta mente qual disegno ascondi?
| |
Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
|
|
Ulisse Nume Mèntore Proci Disse Mastòride Mèntore Aliterse Eupite Città Eupite Sir Olimpo
|